In contrasto con il quadro di riferimento costituzionale, si è voluto creare uno statuto dell’emergenza ad hoc, fondato su una legge ordinaria con un uso disinvolto dei decreti legge. In particolare il primo (n. 6/2020) costituiva una vera e propria delega in bianco a favore dei dpcm; atti amministrativi generali, che trovano origine nella riforma della Presidenza del Consiglio operata con la legge n. 400 del 1988.
In sostanza, libertà fondamentali riconducibili agli artt. 13, 16, 17, 19 Cost. sarebbero state limitate da atti di natura amministrativa, in violazione della riserva di legge e del principio di legalità.
Il DPCM non può adottare norme con valore di rango primario incidendo con misure specifiche su diritti e libertà costituzionali coperti da riserva di legge. Né si riscontrano nei decreti-legge che ne sono presupposto, i requisiti di specificità, immediata applicabilità e temporaneità previsti dal legislatore e dalla Corte Costituzionale. Risulta poi in violazione della riserva di legge (formale e sostanziale) di cui all’art. 23 Cost. la compressione di diritti fondamentali quali il diritto al lavoro (articolo 4), le libertà di circolazione (articolo 16),riunione (articolo 17) e culto (articolo 19), il diritto all’istruzione (articolo 33), il diritto di agire e resistere in giudizio (articolo 24), quindi il diritto al giusto processo (articolo 111), il diritto di proprietà (articolo 42) e sinanche la libertà personale (articolo 13) e il diritto alla salute (articolo 32) rispetto a patologie fisiche o mentali diverse dal Covid-19-diritti che sono pilastro dell’ordinamento democratico e consentono il pieno sviluppo della persona. La concreta entità della “prestazione” imposta, compresal’imposizione coattiva di obblighi di non fare(“in quanto, imponendo l’omissione di un comportamento altrimenti riconducibile alla sfera del legalmente lecito, è anch’essa restrittiva della libertà dei cittadini, suscettibile di essere incisa solo dalle determinazioni di un atto legislativo…espressivo della sovranità popolare”) deve essere chiaramente desumibile dalla legge che ne delega l’attuazione all’amministrazione, come insegna la Corte Costituzionale(v. sentenze nn. 190 del 2007 e 155 del 2011).
Il DPCM è legato da rapporto di presupposizione necessaria al decreto-legge. Nella sua adozione, non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti: l’invalidità dell’atto presupposto travolge gli effetti dell’atto consequenziale, producendo un effetto caducante. Il rapporto di presupposizione necessaria lega dunque tra loro, secondo la logica del principio gerarchico delle fonti del diritto ascendente, la sanzione amministrativa, il DPCM e il decreto-legge.
In definitiva, i decreti-legge nn. 6,19, 33 e 158/2020 e seguenti sono incostituzionali nella parte in cui prevedono la competenza esclusiva del DPCM a determinare i presupposti concreti e le misure di contenimento del contagio, compressive di diritti fondamentali, in violazione inter alia degli articoli art. 3, 4,13, 16,17,19,23, 24, 25, 33,77, 78, 111, 117, comma 1, 120 e 138 della Costituzione.