Dopo anni di silenzi, segnali in codice e mezze ammissioni, Filippo Graviano il boss protagonista delle stragi e della famigerata ‘trattativa Stato-mafia’ inizia a raccontare ai giudici le sue verità sui rapporti con Silvio Berlusconi. E lo fa perché a suo dire il noto affarista avrebbe ripetutamente tradito le intese.
Le recenti rilevelazioni non aggiungono molto a quanto già era stato accertato, se non in termini di autorevolezza, ma non è detto che in futuro non diventino più esplosive. Innumerevoli sono le inchieste giudiziarie e giornalistiche che hanno sinora accertato come alcuni capitali mafiosi riciclati già nella banca Rasini diretta dal padre a Lugano, siano all’origine delle fortune di Berlusconi, poi cresciute anche grazie alle alleanze con i ‘picciotti’. Del resto il suo braccio destro, nonché fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, è stato condannato a 9 anni proprio per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Berlsuconi nello stesso processo fu assolto per insufficienza di prove. Famoso poi il caso di Mangano, il boss mafioso che gli curava la villa e i figli, definito ‘santo’ da Berlusconi per il silenzio mantenuto sui loro rapporti sino alla morte in carcere.
Ora il cerchio si stringe grazie al ‘peso’ di un boss come Graviano che da oltre ventanni si rifiutava di collaborare con la giustizia, e alle informazioni che potrà rivelare. Altri boss avevano iniziato a parlare di Silvio Berlusconi e la mafia, come lo stesso ‘capo dei capi’ Toto Riina, morto però in carcere dopo strani incidenti con annessi danni neurologici, prima di poter completare quanto aveva iniziato a dichiarare.