L’ultimo editoriale di Quattroruote, di Ottobre 2024, abbandona la tradizionale prudenza nella narrativa delle scelte politiche europee. Il crollo delle vendite ha aperto gli occhi a quanti ancora tentavano di giustificare le draconiane misure di “austerità ecologica” dettate dalle politiche del Green Deal europeo. Il principale giornale automobilistico si allinea alle feroci proteste dei produttori davanti agli sconcertanti dati di Agosto 2024, quando i dati di Acea hanno rivelato che le nuove immatricolazioni di auto nell’Unione Europea sono state 755.717, cioè il 18,3 % in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. I risultati negativi sono arrivati da tutti i quattro principali mercati: crollano le immatricolazioni in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), mentre il mercato spagnolo cede ‘solo’ il 6,5%. Ma la vera débacle viene rivelata dai dati sulle immatricolazioni di auto elettriche a batteria, che sono diminuite del 43,9%, raggiungendo 92.627 unità (rispetto alle 165.204 dello stesso periodo dell’anno precedente), con la loro quota di mercato totale che è scesa al 14,4% dal 21% dell’anno precedente. Il calo è guidato dal forte ribasso nei due principali mercati per le auto elettriche: la Germania (-68,8%) e la Francia (-33,1%). Da gennaio ad agosto, sono state immatricolate 902.011 nuove auto elettriche a batteria, rappresentando il 12,6% del mercato (Forbes).
I fendenti scagliati da Quattroruote colpiscono sia i politici europei che l’industra automotive. “Bisogna essere chiari: il disastro in cui l’Europa si è cacciata è in gran parte addebitabile all’approccio ideologico con cui Bruxelles, in ossequio a uno spirito dirigistico autolesionistico, ha obbligato un intero comparto industriale ad assecondarne le irrealizzabili (per quanto senz’altro commendevoli) intenzioni. Questo non solleva i produttori dalle loro responsabilità (…), le Case hanno aumentato a dismisura i prezzi (…) in un momento storico in cui cala il potere d’acquisto e l’inflazione rende più costoso il ricorso al credito. E hanno probabilmente ritenuto l’elettrico funzionale a tale trasformazione, oltre che un buon modo per costringere la gente a cambiare la macchina, in un mercato che per ragioni demografiche e sociali non esprimerà più i volumi di prima.”
Nel 2025, inoltre, entreranno in vigore le nuove norme Cafe, che prevedono un’ulteriore riduzione della CO2 media, pena multe salate, che i produttori sono certi riceveranno. “Siccome mancano all’appello mezzo milione di “pezzi”, l’Acea, l’associazione dei costruttori, ha stimato in 18 miliardi di euro le contravvenzioni che le Case dovranno pagare l’anno prossimo a causa del flop dell’elettrico. Altro che 2035: è una cifra che potrebbe far saltare per aria il comparto auto europeo domani. Soluzioni? O regali le Bev in stock, ma non si può fare perché affosserebbe il valore residuo di quelle in circolazione, oppure sei costretto a non vendere le termiche, così da alzare artificialmente lo share delle vetture a pile, il che significherebbe rinunciare a due milioni e mezzo di auto che potrebbero altrimenti essere vendute. Quei 2,5 milioni in meno equivalgono a otto fabbriche. Da qui la richiesta in zona Cesarini dell’Acea di spostare al 2027 l’inseverimento dei vincoli Cafe. Due anni saranno sufficienti per ribaltare la situazione? Difficile. L’impressione è che si cerchi di guadagnare tempo, nella speranza che la politica intervenga con generose prebende. Di certo, l’automotive europeo è all’angolo per una serie di errori strategici e dell’irruenza dei cinesi: il loro mercato domestico è un disastro per gli stranieri, in Europa aggrediscono i segmenti lasciati sguarniti dai marchi locali e hanno lanciato l’offensiva pure in Sud America e in Asia. La Volkswagen ha annunciato 15 mila licenziamenti e chiuso la fabbrica belga dell’Audi, chiedendo che Berlino rinnovi gl’incentivi sospesi l’anno scorso (il ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha già detto di sentirsi «in obbligo di fare qualcosa»). Però ogni governo si muove per sé (la Spagna non vuole i dazi perché la Cina minaccia di tassarle la carne di maiale e l’Italia chiede di anticipare di un anno la clausola di revisione prevista per il 2026) e comunque il fronte delle Case ha perso una pedina essenziale nei negoziati, ovvero Stellantis.” L’unica voce fuori dal coro sembra quella di Carlos Tavares, che ha bocciato la proposta Acea commentando che «sarebbe surreale cambiare le regole adesso». Sarà da vedere quanto a lungo Stellantis manterrà questa posizione. Probabilmente non molto.
Se questa drammatica situazione la si interpreta attraverso il quadro derivante dalle sanzioni europee alla Russia, con il conseguente incremento dei costi energetici che vede le industrie europee pagare il GNL degli USA almeno 4 volte il prezzo del gas naturale russo a cui ha voluto rinunciare (e che a differenza di quello USA non ha mai sofferto di razionamenti unilaterali dell’offerta come ora invece accade) e l’energia elettrica circa 6 volte in più dei concorrenti nordamericani (senza contare il gap con la Cina, ancora maggiore), il quadro del tracollo imminente è chiaro.
La conseguente deindustrializzazione avrà conseguenze tragiche per le sorti della popolazione europea e della stessa Unione.